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lunedì 28 aprile 2014

L' Anabasi di Senofonte

Ai tempi del liceo non mi era certo venuto in mente di leggere quest'opera di Senofonte, personaggio che incontravo nelle temute versioni di greco dei compiti in classe. Comunque, è dalla scorsa estate che leggo e rileggo l'Anabasi e la trovo interessante e piacevole. Penso possa definirsi un diario di viaggio, quasi sicuramente Senofonte teneva un diario giornaliero, dove annotava gli avvenimenti sostanziali delle avventurose giornate di quel 401 a.C. Sono tanti i motivi per cui mi piace, ma sicuramente il più importante è la semplicità della narrazione, che mi proietta in modo diretto in quel tempo tanto lontano. Senofonte accompagna i diecimila mercenari greci che, una volta sconfitti dai persiani nella battaglia di Cunassa, saranno costretti a tornare indietro attraversando gli sterminati territori dell'Asia, tra combattimenti contro popoli selvaggi e   diffidenti, discordie tra i generali che guidano l'esercito, ostacoli naturali che mettono a dura prova la resistenza di tutti. Un grande problema era dato dalla necessità di procurare giornalmente il cibo: obiettivo che veniva raggiunto a volte depredando i villaggi incontrati lungo il cammino, altre stringendo alleanze che permettevano di accedere ai mercati locali. Il celebre passo in cui i greci vedono di nuovo il mare dopo tanto tempo, fa capire bene la differenza tra una vita "continentale" ed una "peninsulare", e soprattutto ci trasmette l'emozione profonda di chi, dopo essersi sentito perduto, ma avere continuato a sperare, vede quella speranza concretizzarsi all'improvviso davanti ai propri occhi, una speranza di colore azzurro.
-Il quinto giorno pervennero poi a un monte di nome Teche. Non appena i primi giunsero in vetta e videro il mare, levarono alte grida. Nell'udirle Senofonte e i suoi della retroguardia pensarono che la testa dell'esercito, fosse attaccata da altri nemici (...). Poiché le grida si facevano più intense e più vicine, i soldati, che man mano giungevano, correvano verso i compagni che continuavano a urlare, e tanto più acuti salivano i clamoriquanto più il numero si ingrossava, per cui Senofonte pensò che si trattasse di qualcosa di veramente grave. Allora scese da cavallo, prese con sé Licio e i cavalieri e corse a prestar soccorso, ma ben presto sentirono i soldati gridare "Mare, mare"

Antiche primavere

Riprendo a scrivere su "Stelle"dopo alcuni mesi, il tempo va avanti con le sue stagioni ed ora siamo immersi nella dolce, bipolare, verde e rosa, primavera.
Proviamo a tornare indietro, verso le lontane primavere del passato.
"Voi che fate la guardia alla persona del re, andate subito dove crescono spontanei gli alberi, senza essere piantati"(Nevio)
"E' ormai la nuova primavera, la primavera canora, a primavera rinasce il mondo. In primavera si stringono gli amori,  in primavera si sposano gli uccelli e la foresta, fecondata dalle piogge, scioglie la sua chioma." (Pervigilium veneris)
"Intreccerò la viola bianca, intreccerò coi mirti il tenero narciso, intreccerò i gigli che sorridono e il dolce croco, e le rose care agli innamorati, perché, sopra le tempie di Eliodora, dai riccioli profumati, la mia corona copra di fiori, la sua chioma dalla bella treccia." ( Meleagro)

Ma forse tra le antiche primavere la più incantevole è quella del "Cantico dei cantici"...

"Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata, i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spargono fragranza. Alzati amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro."